Francesca Dellera
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Francesca Dellera

Al telefono da non si sa dove, Francesca Dellera può essere solo indovinata. Donna che, a un certo punto della sua vita, decide di fare di sé, alla Gozzano, un «mistero senza fine bello». Di giocare a nascondino col mondo. Parigi, Londra, Bahia, Calcutta, la porta accanto?

«La voglio aiutare, sono in Europa».

La postura di una donna, parte tutto da lì. Deve averlo detto Lina Sotis. Da dove iniziamo?

«Da Parigi. Sono stata invitata nei giorni scorsi al Festival “Du Cinema italien” per una retrospettiva di Marco Ferreri, madrina Laura Morante… Una cosa molto bella».

I francesi hanno una passione per Ferreri ma anche per la Dellera, che era la sua musa.

«Una passione ricambiata. Mi è capitato spesso d’innamorarmi a Parigi dei francesi».

Il pensiero dominante oggi di Francesca Dellera.

«Sono una donna inquieta, attraversata da tanti pensieri. Un fatto congenito, purtroppo».

La donna è instabile oltre che mobile.

«Marco Ferreri mi disse: “Per te Francesca il problema non è ottenere le cose, ma volerle dopo averle ottenute».

Nella parte di Nanà, l’eroina di Zola, ha conosciuto il lusso, i piaceri e l’autodistruzione.

«Come Nanà sono sempre stata attratta dall’autodistruzione, ma alla fine ho sempre scelto la vita».

Di lei Ferreri ha anche detto: «La più bella pelle del cinema italiano».

«Il nostro fu il feeling immediato tra due anarchici. Ferreri era un uomo libero, un cosmopolita come me. Trovo che il difetto di alcuni registi italiani sia quello di starsene chiusi nei loro confini. Di non cercare nuove sfide».

«La carne» trionfò a Cannes. Lei, una donna tutta da mangiare e da venerare.

«Marco Ferreri scrisse quel film su di me. Veniva a casa mia con la sceneggiatrice per prendere l’ispirazione. “Questa parte la puoi fare solo tu”, mi diceva».

Una mattina si sveglia, inforca gli occhiali e vede il suo compagno, Sergio Castellitto, per quello che è: un uomo brutto e insignificante.

«È quello che capita a volte nella vita: idealizzare un uomo, poi, una mattina, svegliarsi e non riconoscerlo più. Nel film guardo Castellitto e gli dico: “E pensare che ho sempre avuto uomini bellissimi”».

Tratto anche questo dalla vita?

«Mio padre era un uomo bello, molto riservato. Forse ho sempre cercato qualcuno che me lo ricordasse».

La protagonista ha un rapporto tattile, quasi erotico con i soldi.

«Nel film, come nella vita, per me i soldi rappresentano la libertà. Mi sento soffocare solo all’idea di dipendere da un uomo».

Un bel giorno, all’apice del successo, scompare. Diventa una virtuosa nella tecnica della sottrazione. Che accade?

«È una domanda che mi fanno spesso e io non ho mai risposto. La verità è che una vicenda privata ha inciso in modo devastante sulla mia carriera. Ho subito senza reagire, come avrei dovuto e potuto, sperando che con il tempo tutto si sarebbe risolto. Così non è stato».

Così ci lascia appesi, senza fiato.

«Di quello che è realmente accaduto in questo momento non mi sento di parlare. Non escludo che possa farlo in futuro».

Ci torna spesso in Italia?

«Amo molto l’Italia e torno spesso. Ma non mi ci ritrovo in questa smania di apparire, in questo presenzialismo disperato. Ci si mostra per essere, ma non si è nulla. Diceva Bukowski: “Lo stile è importante. Tanta gente urla le sue verità, ma senza stile”».

Lei come Carla Bruni e Monica Bellucci, italiane celebri a Parigi.

«Ho sofferto molto sulla mia pelle i pregiudizi degli altri, e oggi provo fastidio quando criticano Carla Bruni solo perché ha seguito il suo desiderio e raggiunto il suo obiettivo».

Per come l’ha tramandata il cinema, da Tinto Brass a Marco Ferreri, è il prototipo dell’amore cannibalesco, della donna da possedere.

«Detesto essere posseduta perché non mi piace possedere. Mi è capitato spesso di fuggire da uomini possessivi, pagando anche prezzi molto alti».

Ha sfiorato Federico Fellini, altro devoto cultore di Madonne mediterranee, generose e carnali.

«Dovevo essere la fata del suo “Pinocchio”. C’incontrammo a cena da Patroni Griffi, io arrivavo, lui andava via. Tornò indietro e volle conoscermi».

Storia a dir poco difficile sul set de «La romana» con Gina Lollobrigida.

«L’ho molto sofferta la sua ostilità. Ero giovanissima e ingenua. Ho trovato accanto a me una persona molto competitiva, per niente umana, né generosa. Mi chiedo ancora oggi perché accettò di fare quel ruolo di madre, quando era chiaro che lei voleva fare ancora la figlia».

Lo scontro tra la diva e la sua erede, da leccarsi i baffi.

«C’era una scena in cui lei, da madre, doveva menarmi. Mi diede schiaffi veri, mi fece molto male. “Uso il metodo della verità”, si giustificò. In un’altra scena doveva tirarmi delle forbici addosso. Patroni Griffi la fermò. Aveva capito tutto».

Andò meglio con Jeanne Moreau.

«Ci siamo trovate sul set della “contessa di Castiglione”. Una donna grandiosa, per niente competitiva. Siamo diventate amiche. Mi ha regalato un libro su Marilyn con una dedica. Gliela ricordavo per la fragilità e il sorriso infantile».

Amiche sparse nel mondo?

«Ho sofferto l’invidia di alcune donne. Eppure sono sempre stata leale, non ruberei mai un uomo ad un’amica. Alcune donne sono inutilmente competitive e sono stata bersaglio di troppa cattiveria. Diceva Flaiano: “Si perdona tutto tranne il successo”».

Perseguitata dai corteggiatori?

«Molte donne vivono per questo, non è il mio caso… Anzi, m’infastidisco. E’ molto difficile che mi piaccia qualcuno. Voglio essere corteggiata solo da chi m’interessa veramente. Devo dire che non illudo. Sono fin troppo rude nello scoraggiare…».

Donna difficile, incostante, volubile.

«Una donna sempre in fuga. Coltivo la precarietà della vita. Non mi attacco mai a nessuno. Mi piacciono gli uomini non banali, ma ce ne sono pochi nel pianeta».

Uno di questi transita oggi dalle sue parti?

«Sto da circa un anno con un uomo sexy, crazy and cool. Il nome non glielo dico. Le dico solo che è europeo».

Un formidabile indizio. Affinità elettive?

«Non potrei mai stare con un manichino griffato e impostato, tantomeno con un palestrato senza cervello. Ci sono tanti uomini avvenenti ma sgradevoli. Basta seguire certi programmi in tivù».

Una delle poche, con la Loren, la Cardinale e la Sandrelli, ad essere intervistata da Alberto Moravia.

«Certi incontri nella vita capitano troppo presto. Da ragazzina non mi rendevo conto che si trattava di un uomo speciale, mi annoiavo. Oggi di quella esperienza ne farei tesoro».

Il mondo cambia in fretta.

«Sono molto felice per Barack Obama. La sua è una vittoria epocale. La prova che c’è una giustizia al mondo. Bush è stato una catastrofe per l’umanità. Obama è una persona eccezionale».

Nomi del cinema d’oggi?

«Mi piace molto Emanuele Crialese.».

Può dire di averci capito qualcosa di questa faccenda che è lo stare al mondo?

«Solo due cose meritano interesse: eros e thanatos, l’inizio e la fine. Viviamo tutti come se fossimo eterni, esorcizziamo la morte. Io la guardo in faccia da sempre».

Che cosa non si perdona?

«Tutto purtroppo. Voglio imparare ad essere più indulgente con me stessa».

Intervista di Giancarlo Dotto

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Confronto ai canoni asessuati della bellezza dei nostri giorni, Francesca Dellera è una ragazza d’altri tempi, il suo biancore soffice, carnale, è di quelli che non si vedono più, essendo oggi la femminilità anche vistosa completamente asessuata, come vuole la televisione, come vuole la moda

– Natalia Aspesi

La sua fisicità è parlante. La ragazza si muove nell’inquadratura come un pesce nell’acqua, l’occhio è vigile, la mimica è pertinente. Davvero Francesca sembra possedere quel qualcosa in più che hanno le figure schermiche d’eccezione: tanto a suo agio che quand’è nuda sembra vestita e quand’è vestita sembra nuda.

– Tullio Kezich

The second throws a personal spotlight on the actors that I particularly love - Giulietta Masina, the indispensable Marcello Mastroianni, the comics Paolo Villaggio and Roberto Benigni, the beautiful Francesca Dellera.
Francesca Dellera, qui joue la troublante héroïne, est elle-même un appel au viol. On a rarement vu dans le cinéma une créature aussi sensuellement belle. Grâce à elle cette «Chair» est capiteuse.